Un documento che dimostra tutta la vergogna italiana. Si parla del caso dei nostri marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. I due dovevano essere rispediti in India nel marzo 2013, dopo il permesso per trascorrere Natale in Italia: sulla possibilità si era a lungo discusso e dibattuto, ma poi il governo calò le braghe e li rispedì in India. Oggi, però, è sbucato un documento ufficiale del ministero della Giustizia, ai tempi guidato da Paola Severino. Un documento di cui dà conto Dagospia e che rivela che la giurista riteneva anticostituzionale rimandare i marò a Delhi. La Severino, insomma, si oppose con fierezza all'ipotesi di rispedire Girone e Latorre in India.
La ricostruzione - Nel documento, Severino spiegava che "i rilevamenti satellitari provano che la nostra nave era in acque internazionali. Tutto quello che viene detto è basato su idee, ma la prova sullo svolgimento dei fatti, versione differente tra le due parti, ancora non c'è stata. La posizione dei due militari italiani è molto delicata". Severino argomentava, e spiegava di non avere dubbi: gli indiani, per lei, non avevano alcun diritto di tenersi i marò, tantomeno di processarli. Noi non dovevamo rimandarli in India. Eppure furono rispediti, eppure Latorre e Girone tornarono ostaggi. Perché? Semplice: per non rovinare i rapporti commerciali con l'India. Meglio sacrificare la libertà dei nostri marò piuttosto che qualche euro. Una scelta contro la quale si oppose non solo la Severino, ma anche l'allora ministro degli Esteri Giulio Terzi, che all'epoca si dimise per dissociarsi dalla decisione del governo.
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