Papa Francesco invita a pregare "perché quanti operano nel campo del volontariato s’impegnino con generosità al servizio dei bisognosi” e "perché uscendo da noi stessi sappiamo farci prossimo di quanti si trovano nelle periferie delle relazioni umane e sociali”. Sono le due intenzioni da lui affidate all'Apostolato della preghiera per il mese di agosto. Adriana Masotti ha chiesto a Primo Di Blasio, che nella Focsiv, la Federazione degli organismi cristiani di volontariato, si occupa di formazione, se la realtà dei volontari è sempre viva e importante nelle nostre società:
R. – La realtà del volontariato è una realtà molto importante perché di fatto nelle società e nelle comunità dove essa è praticata, il volto di quelle comunità è molto diverso. Noi in Italia abbiamo una storia dove il volontariato ha avuto una funzione importante fin dal Medio Evo; non in tutto il mondo accade questo e non in tutto il mondo c’è una cultura del volontariato.
D. – Papa Francesco parla di impegno generoso da parte del volontario a servizio dei più bisognosi. In un discorso proprio a voi, lo scorso dicembre, sottolineava il valore della gratuità e del disinteresse. Dovrebbero essere cose scontate, invece vanno sempre tenute presenti?
R. – Assolutamente sì, anche perché i recenti fatti accaduti a Roma, ma non solo a Roma, ci dicono che a volte dietro questa attenzione agli ultimi, a chi ha più bisogno, non sempre c’è la cultura della gratuità, del disinteresse, che è tipica del volontariato. Ma abbiamo visto che a volte c’è qualcuno che ne ha approfittato e qualcuno che ha voluto addirittura guadagnare sui bisognosi.
D. – Ecco il volontario è uno che fa, uno che agisce, ma mi viene da dire prima di tutto dovrebbe essere una persona che è, che è in un certo modo…
R. – Le motivazioni che spingono una persona a mettersi al servizio degli altri possono essere diverse tra di loro. C’è qualcuno che parte da profonde motivazioni religiose, ma qualcun altro anche in termini laici si impegna per gli altri. Allora, io credo che se noi vogliamo guardarla genericamente, quella del volontario è la scelta di una persona di essere responsabile della propria comunità, sapendo che dentro la comunità spesso c’è qualcuno che viene marginalizzato e viene lasciato indietro. Allora è quella persona che dice: “Tocca a me, voglio mettermi al servizio degli altri perché nessuno sia abbandonato”. Poi il serbatoio da cui si va a prendere le radici di queste motivazioni sono diverse le une dalle altre.
D. – In particolare per quanto riguarda i volontari della Focsiv, il serbatoio è proprio il rapporto con Gesù, che il Papa in quel discorso raccomandava personale, quotidiano…
R. – Assolutamente sì. La nostra identità è quella di tradurre i valori cristiani nelle nostre scelte e quindi trovare in Gesù la forza, la capacità, il coraggio, anche nei momenti difficili - per questo il Papa ci invitava: “tutti i giorni ritornate a Gesù, ritornate a Gesù”, perché spesso fare il mestiere del volontario, se posso dirlo in questi termini, è faticoso perché i risultati non ci sono sempre. I volontari devono essere quei soggetti che vogliono cambiare la realtà e aiutare i più bisognosi ad essere protagonisti di questo cambiamento. Sono processi molto lunghi e a volte le sconfitte sono tante. E allora bisogna avere un serbatoio a cui attingere per non perdere la voglia di andare avanti.
D. – Il volontario è anche uno che guarda all’altro, quindi si mette in ascolto… Il Papa richiama continuamente alla necessità di uscire da se stessi per incontrare gli altri, un invito valido non solo per i volontari ma per ciascuno di noi…
R. – Assolutamente sì, quando si esce fuori da se stessi e ci si mette nella logica degli altri o si guarda il mondo, io dico, con gli occhi degli altri, ci si accorge di tante cose che a volte non riusciamo a vedere. Noi con l’esperienza del volontariato internazionale abbiamo a volte intercettato problemi che sono arrivati qui in Italia dopo 10, 20, 30 anni. Perché nel momento in cui ci siamo calati dentro società, comunità diverse da noi, abbiamo iniziato a guardare il mondo con quegli occhi. Questo è un po’ uscire fuori da se stessi, non essere noi il centro del mondo ma esserlo insieme agli altri. Noi diciamo sempre che i volontari sono persone che costruiscono percorsi di fraternità.
D. – Dal punto di vista più personale che cosa è per lei questo uscire da sé nella vita quotidiana?
R. – E’ proprio questo quotidiano tentativo di capire le ragioni degli altri: perché quella persona ha quell’atteggiamento, perché quella persona ha fatto quelle scelte? Allora, uscire da sé e cercare di ascoltare, di capire… La verità si trova guardando gli altri e cercandola insieme.
Fonte Radio Vaticana
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