SOSTENITORE DELLA FOLGORE

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lunedì 29 giugno 2015

Cardinal Ravasi: La Consulta femminile indichi nuove vie da percorrere



Il Pontificio Consiglio della Cultura ha promosso all'interno del proprio dicastero una Consulta permanente formata da sole donne. L'organismo si è riunito per la prima volta martedì scorso. Sugli obiettivi della Consulta ascoltiamo il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero vaticano, al microfono di Gudrun Sailer:

R. – Gli obiettivi sono sostanzialmente di due generi: da una parte – ed è quello fondamentale – invitare le donne a dare con il loro sguardo personale, con la loro interpretazione personale, un giudizio su tutte le attività del dicastero. Quindi non si tratta di una consulta decorativa. La seconda dimensione, che noi vogliamo raggiungere, è quella di avere, attraverso le donne, il suggerimento di inoltrarci in terre incognite, cioè in orizzonti… Perché noi siamo tutti maschi qui, non abbiamo un officiale che sia donna e le donne hanno soltanto funzioni di tipo amministrativo e di segreteria. Proprio per questo motivo, chiedere alle donne di indicarci anche dei percorsi che non abbiamo mai calpestato.

D. – Quindi si può dire che sia veramente innovativa l’istituzione di una consulta tutta al femminile…

R. – E’ innovativa proprio in questo senso, perché non vuole semplicemente avere anche delle voci femminili. Io sono sostanzialmente scettico sulla tesi delle quote rosa. Io sono più convinto che sia assolutamente necessaria una presenza, e una presenza rilevante, che non soltanto dia vagamente un colore, ma che entri invece nel merito delle questioni, anche con la sua capacità critica.

D. – Abbiamo visto questo nucleo, questo primo nucleo che si è già radunato per la prima volta qui alla sede del dicastero. Quali sono i passi da seguire adesso?

R. – Io vorrei un po’ descrivere questa prima riunione, che è avvenuta naturalmente attraverso un outing di tutte le donne presenti, che – proprio attraverso questa loro presentazione, non meramente biografica – hanno già dato una scossa a noi che assistevamo, ma anche a loro stesse, perché ognuna si è raccontata, non soltanto dal punto di vista professionale, ma dal punto di vista umano. Quindi questo è già un contributo anche per noi: sentire, cioè, le esperienze esistenziali. Io ho proposto un esempio sul quale loro potrebbero iniziare. Io ho almeno sette, otto attività all’interno del mio dicastero che vorrei fossero giudicate, interpretate, sostenute dalle donne. Una di queste, la prima, è forse apparentemente, solo apparentemente, marginale: quella dello sport. Lo sport, infatti, è diventato ormai una sorta di esperanto dei popoli ed è anche uno dei fenomeni nei quali si riflette di più la figura dell’uomo e della donna, del bene nel gioco, nella ricchezza, nella fantasia, ma anche nella degenerazione. Pensiamo cos’è il doping, la corruzione, la violenza negli stadi, il razzismo e così via. Ecco, proprio questo è stato il primo esempio. Noi vorremmo adesso continuare, di tappa in tappa, con due percorsi: da una parte, ampliare questo gruppo e, dall’altra, sollecitare il loro giudizio su una serie di altri temi che abbiamo già pronti.

D. – Le componenti del gruppo devono essere tutte cattoliche?

R. – Attualmente la totalità credo sia fatta di donne cattoliche. In verità, proprio il tema, che è emerso subito, è stato quello non soltanto della dimensione ecumenica, ma anche della dimensione interreligiosa. Ed io ho posto una terza dimensione: non solo i credenti, i diversamente credenti, ma anche i non credenti. Io ho intenzione, quindi, di introdurre anche delle donne che non abbiano nessuna fede religiosa esplicita.

D. – Sarebbe pensabile formare, mettere su altri gruppi del genere, di consulenza al femminile, in altri dicasteri della Curia romana?

R. – Io questo lo penserei come auspicio, perché Papa Francesco su questo ha insistito, ha fatto spesso dichiarazioni in questa linea, riconoscendo che la presenza delle donne nella Curia vaticana è ancora molto esile. Questo deve avvenire, secondo me - come ha detto più di una volta Papa Francesco – non soltanto lungo la via funzionale, cioè alla fine non secondo la mentalità clericale, per cui la presenza è soltanto se tu riesci ad avere una funzione di tipo sacerdotale, di tipo dicasteriale, cioè funzioni che siano sostanzialmente ancora quelle che sono state codificate dai maschi. Bisognerebbe avere grande creatività ed io spero si creino ministeri, funzioni, responsabilità che siano squisitamente femminili. Dobbiamo ricordare anche, come ha spesso citato il Papa, che la figura di Maria è più rilevante di quella dei cardinali e di quella dei vescovi stessi. Per questo motivo io credo che debba venire una rivoluzione, un’evoluzione a livello teorico, prima di tutto, cioè di mentalità, di teologia e, a livello pratico certamente, tenendo conto però sempre di questa osservazione: che non dobbiamo considerare il modello maschile, che finora ha costruito, anche legittimamente, le funzioni, i ministeri all’interno della Chiesa, come il modello da imitare, l’unico esclusivo.

Fonte : Radio Vaticana




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