SOSTENITORE DELLA FOLGORE

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mercoledì 6 aprile 2016

SULLE ORME DI ROMA : Viaggio nell' antica Illiria



L’odierna Albania ha giocato un ruolo strategico nell’antichità ed è stata il punto di contatto tra le civiltà illirica, greca e romana. Epidamno, Apollonia, Butrinto, Pheniki, Byllis e Skodra nascondono un patrimonio archeologico di grande valore ancora in gran parte sconosciuto.

La più antica attestazione del nome Albania si ritrova, tuttavia, già in un documento storico redatto dello storico bizantino Michele Attaliate attorno al X sec. a.C. Nell’età del Ferro il territorio montuoso dell’Albania era occupato da tribù di etnia illirica, mentre il litorale marittimo e il suo entroterra erano stati oggetto di una progressiva e lenta colonizzazione greca.

La particolare posizione geografica dell’Albania, a cavallo tra oriente e occidente e tra area di lingua latina e area di lingua greca, influenzò in modo determinante la storia del paese. Due grandi scontri come la guerra tra Cesare e Pompeo e quella tra Ottaviano, Antonio e Cleopatra si svolsero, non a caso, nello specchio di mare prossimo all’attuale costa albanese. Lo storico alessandrino Appiano (II sec d.C.) descrive in modo particolareggiato lo sbarco di Cesare e dei suoi fedeli presso la baia di Peleste, nonché le concitate marce forzate sulle montagne Acroceraunie, durante la notte, sperando di cogliere di sorpresa Pompeo asserragliato presso Durazzo. La resa dei conti avvenne a Farsàlo in Macedonia, dove Pompeo fu sconfitto, e con lui il numeroso stuolo di aristocratici e principi orientali – clientes – che si erano uniti alla sua fazione.


Gli autori antichi riferiscono i nomi di molte comunità illiriche stanziate nella moderna Albania: tra i più signifi cativi i Tesproti, i Càoni, i Taulanti, i Partini, gli Amantini e i Labeati. Non è facile compilare una “carta geografica” dell’età del Ferro perché, guerre ed eventi politici indussero a frequenti mutamenti dei confini e alcune comunità finirono per essere assorbite da quelle vicine e più potenti.

Il culto delle ninfe ripropone un culto delle acque e delle sorgenti di età preistorica rielaborato dalla civiltà greca. Plutarco narra che il comandante di una nave greca di nome Thamos, giunto in prossimità di Butrinto sentì una voce che gli intimava di scendere sulla terra ferma per annunciare la morte di Pan. Sbarcato e adempiuto il compito, udì levarsi uno straziante lamento; erano le ninfe di quei boschi che piangevano assieme la scomparsa del loro dio. Proprio a Butrinto, l’archeologia ha rivelato la presenza di un pozzo sacro frequentato per secoli. In età romana una certa Iunia Rufina vi fece scolpire una dedica in lingua greca in cui si definisce «amica delle ninfe» che erano di casa anche ad Apollonia. Secondo Plutarco, alla periferia di città vi erano pozzi di bitume fumanti presso cui veniva consultato un oracolo.
Lo scrittore greco ricorda che i presagi venivano ottenuti gettando dell’incenso presso le bocche delle fumarole e i responsi ricavati osservando se le fiamme carpivano o ignoravano l’esca. La località era chiamata, per l’appunto, Ninfeo.


L’arrivo dei Greci trasformò decisamente lo stile di vita e l'importanza politica dell’antico porto illirico. Nel 516 a.C., anno della sessantaseiesima Olimpiade, Cleostene di Durazzo vinse le corse con i carri; per celebrare l’evento, commissionò niente meno che ad Agelada di Argo (il maestro di Fidia, Mirone e Policleto) un gruppo scultoreo rappresentante sé stesso e il suo auriga su un carro trainato da quattro cavalli
La battaglia di Azio tra Ottaviano e Marco Antonio si svolse cento chilometri più a sud dell’attuale confine greco-albanese.

Nel Museo Archeologico di Durazzo, riaperto nel 2002 un’intera parete propone una campionatura delle statuette in terracotta scoperte presso un antico santuario ubicato sulla collinetta di Dautë, alle porte della città antica: si tratta di ex voto in argilla rappresentanti una divinità femminile acconciata in vario modo, a volte turrita e seduta su un trono, nonché molteplici immagini di offerenti e nei magazzini sono depositati una tonnellata e mezza di terrecotte figurate, tre tonnellate di vasi e cocci e ben seicentocinquanta monete. Mentre il Museo di Tirana raccoglie il ricco corredo scoperto nel 1972 nella camera inferiore, composto da armi, vasi, gioielli, una maglia in ferro e un elmo da guerriero. La foggia dei reperti – tipici del III sec a.C. – porta ad escludere che la deposizione sia contemporanea alla costruzione della tomba; evidentemente l’ambiente fu reimpiegato per dare sepoltura ad un personaggio di alto lignaggio.

(sintesi di una ricerca di S. Caranzano)

Acropoli - Apollonia


Parco Archeologico Nazionale - Butrinto




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