Lo “stile di Dio non è lo stile dell’uomo”, perché “Dio vince” con l’umiltà, come dimostra la fine del più grande dei profeti, Giovanni Battista, che preparò la strada a Cristo per poi farsi da parte. È il commento che Papa Francesco ha fatto del Vangelo del giorno, durante l’omelia della Messa celebrata a Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Il “più grande” degli uomini, il “giusto e santo” che aveva preparato la gente all’arrivo del Messia, finisce decapitato nel buio di un cella, solo, condannato dall’odio vendicativo di una regina e dalla viltà di un re succube.
L’ultimo profeta
Eppure così “Dio vince”, commenta Papa Francesco, rileggendo all’omelia il Vangelo che racconta della fine di Giovanni Battista:
“Giovanni Battista. ‘L’uomo più grande nato da donna’: così dice la formula di canonizzazione di Giovanni. Ma questa formula non l’ha detta un Papa, l’ha detta Gesù. Quell’uomo è l’uomo più grande nato da donna. Il Santo più grande: così Gesù lo ha canonizzato. E finisce in carcere, sgozzato, e l’ultima frase sembra anche di rassegnazione: ‘I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro’. Così finisce ‘l’uomo più grande nato da donna’. Un gran profeta. L’ultimo dei profeti. L’unico al quale è stato concesso di vedere la speranza di Israele”.
Il tormento del più grande
Francesco non si ferma all’evidenza dei Vangeli e prova a entrare nella cella di Giovanni, a scrutare nell’anima della voce che ha gridato nel deserto e battezzato folle nel nome di Colui che deve venire, e che adesso è incatenato non solo ai ferri della sua prigionia ma probabilmente, considera il Papa, anche ai ceppi di qualche incertezza che lo logora nonostante tutto:
“Ma ha sofferto in carcere, anche – diciamo la parola – la tortura interiore del dubbio: ‘Ma forse non ho sbagliato? Questo Messia non è come io immaginavo che sarebbe dovuto essere il Messia…’. E ha inviato i suoi discepoli a domandare a Gesù: ‘Ma, dì, dì la verità: sei tu che devi venire?’, perché quel dubbio lo faceva soffrire. ‘Ho sbagliato io nell’annunciare uno che non è? Ho ingannato il popolo?’. La sofferenza, la solitudine interiore di quest’uomo … 'Io, invece, devo diminuire, ma diminuire così: nell’anima, nel corpo … tutto' …”.
Umili “fino alla fine”
“Diminuire, diminuire, diminuire”, così “è stata la vita di Giovanni”, ripete Francesco. “Un grande che non cercò la propria gloria, ma quella di Dio” e che finisce in una maniera “tanto prosaica, nell’anonimato”. Ma con questo suo atteggiamento, conclude il Papa, “ha preparato la strada a Gesù”, che in modo simile “morì in angoscia, solo, senza i discepoli”:
“Ci farà bene leggere oggi questo passo del Vangelo, il Vangelo di Marco, capitolo VI. Leggere quel brano, vedere come Dio vince: lo stile di Dio non è lo stile dell’uomo. Chiedere al Signore la grazia dell’umiltà che aveva Giovanni e non addossare su di noi meriti o glorie di altri. E soprattutto, la grazia che nella nostra vita sempre ci sia il posto perché Gesù cresca e noi veniamo più in basso, fino alla fine”.
L’umiltà è la strada della santità. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice si è soffermato sulla vicenda del Re Davide che, consapevole del proprio peccato, accetta le umiliazioni con spirito di fiducia nel Signore. Ancora, il Papa ha ammonito che Dio perdona il peccato, “ma le ferite di una corruzione difficilmente guariscono”. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Re Davide “è a un passo dall’entrare nella corruzione”, ma il profeta Nathan, inviato da Dio, gli fa capire il male che aveva compiuto. Papa Francesco si è soffermato nell’omelia sulla figura di Davide, “peccatore ma santo”.
Le ferite di una corruzione difficilmente guariscono
Davide è dunque peccatore ma non corrotto, perché - annota il Papa - “un corrotto non se ne rende conto”:
“Ci vuole una grazia speciale per cambiare il cuore di un corrotto. E Davide, che aveva il cuore nobile, ancora: ‘Ah, è vero: ho peccato!’, riconosce la sua colpa. E cosa dice Nathan? ‘Il Signore perdona il tuo peccato, ma la corruzione che tu hai seminato crescerà. Tu hai ucciso un innocente per coprire un adulterio. La spada non si allontanerà mai dalla tua Casa’. Dio perdona il peccato, Davide si converte ma le ferite di una corruzione difficilmente guariscono. Lo vediamo in tante parti del mondo”.
Davide si trova a dover affrontare il figlio Assalonne, ormai corrotto, che gli fa guerra. Ma il re riunisce i suoi e decide di lasciare la città e lascia tornare indietro l’Arca, non usa Dio per difendersi. Se ne va “per salvare il suo popolo”. “E questa – rileva Francesco – è la strada di santità che Davide, dopo quel momento in cui era entrato nella corruzione, incomincia a fare”.
Re Davide si affida a Dio e così passa dal peccato alla santità
Davide dunque piangendo e con il capo coperto lascia la città e c’è chi lo insegue per insultarlo. Fra costoro, Simei che gli dice “sanguinario”, lo maledice. Davide accetta questo perché, afferma il Papa, pensa che “se maledice, è perché il Signore” glielo ha detto:
“Poi Davide disse ai suoi servi: ‘Ecco, il figlio uscito dalle mie viscere cerca di togliermi la vita’. Assalonne. ‘E allora, questo beniaminita lasciatelo maledire, poiché glielo ha ordinato il Signore’. Davide sa vedere i segni: è il momento della sua umiliazione, è il momento nel quale lui sta pagando la sua colpa. ‘Forse il Signore guarderà alla mia afflizione e mi renderà il bene in cambio della maledizione di oggi’, e si affida nelle mani del Signore. Questo è il percorso di Davide, dal momento della corruzione a questo affidamento nelle mani del Signore. E questa è santità. Questa è umiltà”.
“Io – riprende Francesco – penso che ognuno di noi, se qualcuno ci dice qualcosa, una cosa brutta", “subito cerchiamo di dire che non è vero”. Oppure facciamo come Simei: “Diamo una risposta più brutta ancora”.
I cristiani abbiano la grazia dell’umiltà
“L’umiltà – sottolinea – soltanto può arrivare a un cuore tramite le umiliazioni. Non c’è umiltà senza umiliazioni, e se tu non sei capace di portare alcune umiliazioni nella tua vita, non sei umile”. E’ semplice, è “matematico”, rafforza il Papa:
“L’unica strada per l’umiltà è l’umiliazione. Il fine di Davide, che è la santità, viene tramite l’umiliazione. Il fine della santità che Dio regala ai suoi figli, regala alla Chiesa, viene tramite l’umiliazione del suo Figlio, che si lascia insultare, che si lascia portare sulla Croce – ingiustamente … E questo Figlio di Dio che si umilia, è la strada della santità. E Davide, con il suo atteggiamento, profetizza questa umiliazione di Gesù. Chiediamo al Signore la grazia, per ognuno di noi, per tutta la Chiesa, la grazia dell’umiltà, ma anche la grazia di capire che non è possibile essere umili senza umiliazione”.
Fonte Radio Vaticana
Casa Famiglia di Capitano Ultimo, un esempio di grande umiltà |
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