Dio dona sempre con larghezza la sua grazia agli uomini, che invece hanno “l’abitudine di misurare le situazioni”: capire l’abbondanza dell’amore divino è sempre frutto di una grazia. È la sostanza dell’omelia che Papa Francesco ha sviluppato durante la Messa del mattino celebrata a Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Abbondante. L’amore di Dio per l’uomo è così. Di una generosità che all’uomo invece sfugge, troppo abituato a centellinare quando decide di donare qualcosa che possiede. Papa Francesco legge il brano di San Paolo in questa chiave. La salvezza portata da Gesù, che supera la caduta di Adamo, è una dimostrazione di questo darsi con abbondanza. E la salvezza, spiega, “è l’amicizia tra noi e Lui”:
“Come dà Dio, in questo caso l’amicizia, la salvezza tutta nostra? Dà come dice che darà a noi quando facciamo un’opera buona: ci darà una misura buona, pigiata, colma, traboccante… Ma questo fa pensare all’abbondanza e questa parola, ‘abbondanza’, in questo brano viene ripetuta tre volte. Dio dà nell’abbondanza fino al punto di dire, Paolo, come il riassunto finale: ‘Dove abbondò il peccato sovrabbondò la grazia’. Sovrabbonda, tutto. E questo è l’amore di Dio: senza misura. Tutto se stesso”.
Un Dio che esce
Senza misura come il padre della parabola evangelica, che tutti i giorni scruta l’orizzonte per vedere se suo figlio ha deciso di ritornare da lui. “Il cuore di Dio – afferma Francesco – non è chiuso: è sempre aperto. E quando noi arriviamo, come quel figlio, ci abbraccia, ci bacia: un Dio che fa festa”:
“Dio non è un Dio meschino: Lui non conosce la meschinità. Lui dà tutto. Dio non è un Dio fermo: Egli guarda, aspetta che noi ci convertiamo. Dio è un Dio che esce: esce a cercare, a cercare ognuno di noi. Ma questo è vero? Ogni giorno Lui ci cerca, ci sta cercando. Come ha già fatto, come già detto, nella Parola della pecora smarrita o della moneta perduta: cerca. Sempre è così”.
Abbraccio senza misura
In cielo, ribadisce ancora il Papa, si fa “più festa” per un solo peccatore che si converte che per cento che rimangono giusti. E tuttavia – riconosce – “non è facile, con i nostri criteri umani”, piccoli e limitati, “capire l’amore di Dio”. Lo si comprende per una “grazia”, come lo aveva compreso, ricorda Francesco, la suora 84.enne, conosciuta nella sua diocesi, che ancora girava costantemente per le corsie dell’ospedale a parlare con un sorriso dell’amore di Dio ai malati. Lei, conclude il Papa, ha avuto “il dono di capire questo mistero, questa sovrabbondanza” dell’amore di Dio, che ai più sfugge:
“E’ vero, noi sempre abbiamo l’abitudine di misurare le situazioni, le cose con le misure che noi abbiamo: e le nostre misure sono piccole. Per questo, ci farà bene chiedere allo Spirito Santo la grazia, pregare lo Spirito Santo, la grazia di avvicinarci almeno un po’ per capire questo amore e avere la voglia di essere abbracciati, baciati con quella misura senza limiti”.
Ban Ki-moon in Israele, mentre continuano violenze
Ancora un morto in Israele: si tratta di un palestinese di 24 anni colpito dal fuoco israeliano a Beit Awa (Hebron, Cisgiordania) dopo che, secondo l'esercito, aveva pugnalato un militare israeliano. Per ridurre la tensione, sempre più alta negli ultimi giorni, il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, è arrivato in Israele. Ieri aveva inviato un video messaggio. Il servizio di Fausta Speranza:
Non-violence requires more courage and strength than violence. At this difficult time…
"La non violenza richiede più coraggio e forza della violenza”. Ban Ki-moon parla di momento difficile e nel video messaggio si appella direttamente alle due popolazioni: chiede che “si smetta di ipotecare il futuro dei due popoli e della regione”.
Let me be clear: violence will only undermine the legitimate Palestinian aspirations for statehood and the longing of Israelis for security…
"Sia chiaro – afferma Ban Ki-moon – che la violenza potrà solo indebolire le aspirazioni dei palestinesi ad uno Stato riconosciuto e il desiderio di sicurezza degli israeliani".
La riflessione di Janiki Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente:
R. – La disperazione è tanta tra i palestinesi, soprattutto tra i palestinesi più giovani che sono nati dopo il Trattato di Oslo, che sono la maggioranza ormai della popolazione palestinese. Quindi c’è il fallimento del processo diplomatico portato avanti in tutti questi anni e c’è da reinventarsi delle formule. Si parla di un’iniziativa internazionale. Da soli, israeliani e palestinesi, non ce la fanno a costruire la pace e in questa disperazione cresce la rabbia dei giovani.
D. – Agli israeliani Ban Ki-moon dice: “La sicurezza è lecita, ma ci sono altre soluzioni rispetto a check point e muri…"
R. – Sì, fa impressione vedere costruire una barriera di separazione dentro a quella Gerusalemme, che gli israeliani stessi dicono capitale unica e indivisibile d’Israele. C’è una contraddizione in termini, direi. Il problema reale è che il governo Netanyahu non ha un orizzonte di proposte di pace: si limita a gestire, a fare il management del conflitto e non ricerca la sua soluzione. Questo alla lunga non riesce ad assicurare la sicurezza. Se non si dà uno sbocco politico, non c’è sicurezza.
D. – Ban Ki-moon in queste ore incontra i leader da una parte e dall’altra. Che cosa aspettarsi in modo operativo da questi colloqui?
R. – Temo non molto, perché il problema reale è che se il Consiglio di Sicurezza dell’Onu non avanza delle “guidelines” di soluzione del conflitto, se non viene rimosso il veto agli Stati Uniti d’America, si potranno calmare le acque per qualche tempo, ma poi sarà necessario affrontare il problema alle sue radici. E questo, in questo momento, israeliani e palestinesi non riescono a farlo. Abu Mazen, il presidente palestinese Mahmoud Abbas, è di fatto fortemente indebolito da tutto ciò che sta succedendo. Gli israeliani non paiono andare in direzione di uno slancio diplomatico e, d’altra parte, l’esplodere dei problemi di sicurezza li fa rinserrare. E’ una situazione, quindi, che senza un intervento dall’esterno, pare difficilmente risolvibile.
D. – Tradizionalmente gli Stati Uniti hanno un ruolo, ma qui l’amministrazione Obama sta per chiudere il mandato, e aprendosi il periodo delle pre-elezioni è difficile immaginare interventi…
R. – Ma la situazione è anche peggiore. La questione reale è che Obama non crede più nella soluzione del conflitto. Il fatto che nel suo ultimo intervento all’Onu non abbia citato, neanche con una parola, il conflitto israelo-palestinese, ci dice fino a che punto gli Stati Uniti si sentano scottati dal fallimento dell’iniziativa Kerry. Quindi, loro certo cercheranno di trovare delle soluzioni per quietare un po’ le acque – e non è detto che ci riescano – ma si sono ritirati dalla gestione del conflitto. Spetterebbe, quindi, un ruolo maggiore all’Europa. Federica Mogherini, l’Alto rappresentante per la politica estera, dice di voler rilanciare l’iniziativa europea, ma questa stenta ad andare avanti per le divisioni interne all’Europa, e le iniziative francesi, a volte un po’ estemporanee, non sono in grado di colmare questo vuoto.
Ban Ki-moon, arrivato a sorpresa in Israele per colloqui con le massime autorità, incontrerà anche alcune vittime delle ultime violenze.
Fonte Radio Vaticana
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