Sono passati 6 mesi da quando l’Unione Europea ha imposto alle aziende di specificare il tipo di olio vegetale sulle etichette dei prodotti alimentari, e in Italia è in corso un’accesa discussione dopo la scoperta che in moltissimi prodotti si usa olio di palma. Nel dibattito la domanda più frequente riguarda i problemi di salute correlati all’assunzione elevata di questo grasso. Il Ministero della salute e di altri organismi ufficiali, come l’ex Inran fino ad ora hanno ignorato il problema. Per rispondere all’interrogativo sono scesi in campo vari nutrizionisti, alcuni dei quali collegati alle aziende dolciarie e dei prodotti da forno che ritengono il problema inesistente o quasi.
Gli unici documenti sull’argomento sono quelli pubblicati dall’’Agenzia francese per la sicurezza alimentare (Anses) di cui abbiamo parlato e dal Consiglio Superiore della Sanità in Belgio nel novembre 2013 (“La problématique des acides gras saturés athérogènes et de l’huile de palme” – Il problema degli acidi grassi saturi aterogeni e dell’olio di palma).
Il dossier pone l’accento sull’eccessivo consumo di palma utilizzato in: biscotti, dolci, merendine, brioche, prodotti da forno, creme alla nocciola, snack salati, patatine fritte, piatti pronti impanati, salse, condimenti, sandwich, pasta pronta per pizza, torte e sfoglie, margarine, miscele di olio per frittura per ristoranti e per la casa… La preoccupazione nasce dal fatto che secondo gli esperti del Belgio la quantità consumata nei paesi occidentali è triplicata negli ultimi 10 anni. Considerando che la situazione in Francia e in Belgio non è poi così distante da quella italiana, vuol dire che i consumi rilevati in Italia dall’Inran nel 2005-06 (2,8 g di olio di palma al giorno assunti dagli italiani attraverso i dolci) e sbandierati dalle aziende per dimostrare che il problema è secondario sono ormai superati.
l motivo di queste cautele è che l’olio di palma è ricco di acidi grassi saturi aterogeni che possono avere un effetto negativo sulla salute. Il dossier riprende le conclusioni elaborate dall’Agenzia francese per il cibo e la sicurezza che distingue tra i differenti acidi grassi saturi in relazione all’impatto differenziato sul metabolismo lipidico e sulla salute. Il testo fa riferimento all’effetto aterogeno e all’incremento del rischio cardio-circolatorio di alcuni acidi
grassi come il palmitico, correlato all’incremento del colesterolo LDL, focalizzando l’attenzione sui pericoli correlati all’assunzione elevata di olio di palma perché è molto diffuso nel cibo e contiene una quantità di acido palmitico pari al 40% circa. Il dossier del Consiglio Superiore della Sanità del Belgio invita a sostituire il palma con altri oli più ricchi di acidi grassi insaturi e di ridurne il consumo.
Anche l’equiparazione che molti fanno tra palma e burro risulta scorretta, in quanto l’acido palmitico contenuto nel palma (40% circa) è quasi il doppio rispetto al burro (21%). C’è di più: il burro è anche ricco di acidi grassi saturi a corta e media catena e di acido stearico che il documento ritiene non avere effetti negativi sull’organismo. Per questi motivi il grasso vaccino ha un effetto meno invasivo pur avendo la stessa quantità di saturi. Il confronto poi tra il palma e altri grassi è ancora più critico visto che la quantità di palmitico nell’arachide, mais, soia è ancora minore.
L ’ANSES invita a non eccedere con gli acidi grassi saturi che dovrebbero essere meno dell’8% dell’apporto energetico totale. Il problema è che i saturi si trovano anche nel latte, nei formaggi, nella carne e in altri prodotti alimentari di origine animale che rientrano nella dieta giornaliera. Qualcuno sottolinea che l’olio di palma contiene vitamina E e carotenoidi, precursori della vitamina A, ma dimentica di dire che il grasso utilizzato in occidente è raffinato e dopo questo trattamento la vitamina E viene ridotta in parte mentre quasi tutti i carotenoidi scompaiono.
Gli esperti dell’ex Inran (ora Crea-Nut) stanno scrivendo un dossier sull’olio di palma. Il nodo centrale del documento sarà il dato relativo ai consumi, determinante per fare una corretta valutazione del rischio. Le aziende ipotizzano un consumo giornaliero apportato dai dolci, equivalente a quello contenuto, ad esempio, in due biscotti Mulino Bianco. Si tratta di un dato sottostimato. I belgi sostengono che i consumi siano triplicati negli ultimi dieci anni e proprio per questo motivo hanno pubblicato un documento contro l’invasione del palma, invitando i cittadini a limitare il consumo di prodotti che lo contengono. Ci aspettiamo dagli esperti dell’ex Inran ora Crea una valutazione corretta basata sui consumi reali di biscotti, merendine, snack e quant’altro per non sottostimare la reale assunzione del palma nella dieta giornaliera degli italiani, soprattutto per quanto riguarda i giovani.
Nessun commento:
Posta un commento