L’allarme climatico relativo al surriscaldamento globale si sta facendo sempre più impellente, al punto che oramai gli scienziati di tutto il mondo non si interrogano più sul capire se la catastrofe ecologica accadrà veramente, ma si chiedono semplicemente "quando" quel giorno arriverà. Inquinamento e surriscaldamento globale hanno infatti smesso di essere un semplice problema ipotetico, trasformandosi in vere e proprie emergenze annunciate.
Tra le lacrime di coccodrillo di chi inizia ad accorgersi del problema solo ora mentre se ne parla oramai dagli anni ’60, nonostante le cervellotiche farneticazioni dei fanatici del consumismo selvaggio , pronti a qualsiasi bassezza pur di sostenere il loro modello economico preferito), stanno iniziando a fioccare le prime “soluzioni di fortuna“. Una di queste è focalizzata sulla salvaguardia dei ghiacciai dell’Artico, oramai a forte rischio di scioglimento.
Non si sta parlando solo di un innalzamento del livello degli oceani, bensì di una possibile catastrofe ancora peggiore: lo scioglimento del Permafrost locale. Il Permafrost (termine con il quale si indica un terreno perennemente ghiacciato da almeno due anni) dell’Artico in particolare contiene enormi quantità di metano, che verrebbe irrimediabilmente liberato nell’atmosfera qualora il suolo ghiacciato dovesse sciogliersi. In questo modo, con l’ulteriore inquinamento atmosferico, si avrebbero fortissime ripercussioni anche su un effetto serra già devastante.
Ciò determinerebbe il probabile punto di non ritorno del surriscaldamento globale, sancendo definitivamente l’alba della catastrofe. Per scongiurare questo rischio, gli scienziati stanno discutendo un’ipotesi bizzarra, ma che potrebbe effettivamente funzionare: ridipingere il Mar Glaciale Artico di bianco, allo scopo di generare una superficie riflettente per i raggi solari; in questo modo, limitando l’assorbimento di questi ultimi, il nuovo ghiaccio potrebbe tornare a formarsi “naturalmente”.
Tra le lacrime di coccodrillo di chi inizia ad accorgersi del problema solo ora mentre se ne parla oramai dagli anni ’60, nonostante le cervellotiche farneticazioni dei fanatici del consumismo selvaggio , pronti a qualsiasi bassezza pur di sostenere il loro modello economico preferito), stanno iniziando a fioccare le prime “soluzioni di fortuna“. Una di queste è focalizzata sulla salvaguardia dei ghiacciai dell’Artico, oramai a forte rischio di scioglimento.
Non si sta parlando solo di un innalzamento del livello degli oceani, bensì di una possibile catastrofe ancora peggiore: lo scioglimento del Permafrost locale. Il Permafrost (termine con il quale si indica un terreno perennemente ghiacciato da almeno due anni) dell’Artico in particolare contiene enormi quantità di metano, che verrebbe irrimediabilmente liberato nell’atmosfera qualora il suolo ghiacciato dovesse sciogliersi. In questo modo, con l’ulteriore inquinamento atmosferico, si avrebbero fortissime ripercussioni anche su un effetto serra già devastante.
Ciò determinerebbe il probabile punto di non ritorno del surriscaldamento globale, sancendo definitivamente l’alba della catastrofe. Per scongiurare questo rischio, gli scienziati stanno discutendo un’ipotesi bizzarra, ma che potrebbe effettivamente funzionare: ridipingere il Mar Glaciale Artico di bianco, allo scopo di generare una superficie riflettente per i raggi solari; in questo modo, limitando l’assorbimento di questi ultimi, il nuovo ghiaccio potrebbe tornare a formarsi “naturalmente”.
Altri metodi proposti per ottenere il risultato sono diversi: alcuni, per esempio, propongono microbolle o microgranuli fluttuanti nell'acqua con il compito di ridurre l'assorbimento dei raggi solari.
Quella di imbiancareil Mar Glaciale Artico è però una soluzione criticata da diversi esperti, in quanto figlia dei tempi che corrono : zero prevenzione, per poi pretendere di curare le ferite da arma da fuoco con cerotti e se proprio vogliamo esagerare disinfettare con un poco di acqua ossigenata. D’altra parte, non esistono politiche di salvaguardia del Permafrost dell’Artico, il cui scioglimento sarebbe devastante per la Terra. A spiegare la vicenda in modo dettagliato è stato uno studio pubblicato dal Carnegie Institute of Scienze di Washington. Un'organizzazione americana no-profit che ha infatti riprodotto delle simulazioni sugli effetti che potrebbe produrre l’imbiancamento del Mar Glaciale Artico, è arrivata alla conclusione che, per ogni chilometro quadrato di mare imbiancato, si potrebbero recuperare fino a 750 metri quadrati di ghiaccio. Tuttavia, la soluzione non può che ritenersi momentanea, come spiega la stessa Ivana Cvijanovic, ricercatrice del Carnegie: “Ciò non sarebbe in grado di mantenere il Permafrost. Imbiancare la superficie del Mar Glaciale Artico non sarebbe uno strumento efficace per compensare gli effetti dei cambiamenti climatici provocati dalle emissioni di gas serra”.
Lo stesso istituto ha poi rivelato che, secondo recenti rilevazioni, la concentrazione di anidride carbonica presente oggi nell’atmosfera è almeno 4 volte superiore a quella che si poteva registrare in epoca pre-industriale, e dallo stesso periodo la temperatura media del Polo Nord è salita di ben 10 gradi.
La mancanza di ghiaccio causerà "problemi ecologici enormi come la perdita della bio-diversita" e le ripercussioni non saranno solo locali: lo scioglimento del ghiaccio artico può avere impatti sul quadro meteorologico di Europa, Nord America e buona parte dell'Asia
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