SOSTENITORE DELLA FOLGORE

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venerdì 1 aprile 2016

Trattamenti sulle bucce degli agrumi: è giusto indicarne la presenza sugli imballaggi?



Recentemente, la Corte di Giustizia Ue ha confermato la necessità di riportare sugli imballaggi di limoni, arance e mandarini indicazioni precise sugli eventuali agenti conservanti o sostanze chimiche utilizzate nei trattamenti effettuati sulla superficie esterna. La Corte ha respinto il ricorso della Spagna, che riteneva la norma discriminatoria rispetto ad altri frutti. La discriminazione in realtà non sarebbe tale poiché gli agrumi vengono spesso trattati con dosi elevate di sostanze chimiche e la buccia viene utilizzata per la preparazione di alimenti e bevande. Per questo motivo è corretto fornire ai consumatori informazioni adeguate. Per approfondire il tema, abbiamo intervistato Roberto Pinton, segretario di AssoBio, l’associazione delle imprese di trasformazione e distribuzione dei prodotti biologici.

Pinton, secondo lei è giusto indicare i trattamenti solo sugli imballaggi di arance, mandarini e limoni?

Il fatto che non ci sia l’obbligo di indicare i trattamenti post raccolta anche sulla frutta a buccia sottile è illogico, come ha rilevato la Spagna nel suo ricorso alla Corte di Giustizia europea. I trattamenti sulla buccia spessa degli agrumi possono essere in quantità superiori rispetto a quelli previsti sui frutti con buccia sottile. Tuttavia nel secondo caso il consumatore, proprio per evitare l’assunzione di residui, la elimina, riducendo così l’apporto di fibre. Altri tipi di frutta come fragole e ciliegie, invece, non subiscono trattamenti, perché le dimensioni rendono difficoltoso metterle a bagno in sostanze insetticide e antimuffa.

Che tipo di trattamenti post raccolta si fanno sulla frutta?


Quando al bar ordiniamo una spremuta c’è il rischio di bere anche alcuni additivi usati per il trattamento della buccia

Ce ne sono diversi. In genere si utilizzano derivati petroliferi come le paraffine e il polietilene, ma anche alcune sostanze, come l’ortofenile, il difenile, l’otofenilfenolo e il tiabendazolo, che a certe concentrazioni sono tossiche ed è meglio evitarle. Ci sono poi le cere naturali, come la cera d’api o quelle estratte da piante prevalentemente tropicali, che sono assolutamente innocue e vengono per esempio usate dall’industria per lo strato di copertura delle caramelle. Il trattamento con alcune cere può costituire un problema per i vegetariani: la gommalacca è prodotta dalla secrezione di insetti sacrificati; o per i vegani, nel caso della cera d’api, essendo di derivazione animale. Il regolamento Ue n.1169/20211 prevede che la Commissione europea possa disciplinare le informazioni volontarie relative all’idoneità di un alimento per vegetariani o vegani, ma non si ha notizia di lavori preparatori su questa tematica.

Che funzione ha la gommalacca sulla buccia della frutta?

Prima della diffusione della plastica la gommalacca si usava per patinare oggetti (i mobili “laccati”, per esempio), ma anche per la fabbricazione dei dischi. Nella frutta oltre all’effetto lucidante la gommalacca sigilla i pori della buccia e non permette la respirazione del frutto, rallentando così il metabolismo e prolungando la vita commerciale. Dal punto di vista dei nutrienti, nel tempo ragionevole di stoccaggio domestico non ci sono apprezzabili perdite.

Quindi, gli agrumi non trattati hanno una durata commerciale più breve.



I trattamenti post raccolta servono alla catena distributiva e ai supermercati. Se la catena sbaglia le previsioni e ha una quantità eccessiva di frutta da gestire, la può

conservare più a lungo. Per i consumatori, l’utilizzo di trattamenti post raccolta presenta solo aspetti negativi dal punto di vista della qualità alimentare.

Perché può essere utile informare i consumatori della presenza di trattamenti sugli agrumi?

Oltre alla buccia utilizzata per fare il limoncello, la marmellata o la torta a casa (per i quali è bene utilizzare quella di agrumi non trattati), consumiamo senza saperlo anche la buccia delle arance quando beviamo una spremuta al bar (la pressione agisce anche sulla buccia e si rischia di assumere sostanze autorizzate ma solo in virtù del fatto che non vengono consumate, essendo presenti solo sulla buccia).


È possibile trovare agrumi non trattati?Esistono agrumi non trattati come quelli bio o quelli autocertificati dal produttore. Se viene venduta con le foglie di sicuro non è trattato

Sì. Prima di tutto ci sono gli agrumi biologici, che non subiscono lavorazioni dopo la raccolta con sostanze di sintesi e sono certificati da parti terze. Ci sono poi aziende che vendono gli agrumi con le foglie, e questa presenza indica che non c’è stato un trattamento post raccolta ( non sarebbe possibile lavare in vasca, passare sul tapis roulant, spugnare, cerare e spazzolare il frutto, mantenendo la foglia). Infine, ci sono le autodichiarazioni delle aziende, che non vengono certificate da parti terze. Un altro elemento deve essere chiaro, la normativa prevede l’obbligo di dichiarare i trattamenti. Se in etichetta mancano riferimenti, il frutto non è stato trattato con additivi come l’ortofenile, il difenile, l’ortofenilfenolo e il tiabendazolo, che possono essere identificati anche con la lettera “E” seguita dal loro numero. Diverso è il caso delle cere: non è necessario indicarle in etichetta, perché non sono considerate degli additivi ma dei coadiuvanti tecnologici.

Fonte Il fatto alimentare

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